IL PRETORE
   Letti gli atti a scioglimento della riserva di cui al  verbale  che
 precede cosi provvede.
                          Osservato in fatto
   Con  atto  di citazione notificato in data 30 gennaio 1997, Tamponi
 Giovanni Maria, Tamponi Maria, Tamponi Gavina,  Tamponi  Francesca  e
 Tamponi  Leonello  convenivano in giudizio, dinanzi a questo giudice,
 Serra  Pasquale,  Serra  Giovanni  Battista,  Serra  Giuseppe,  Serra
 Graziano Nicola e Serra Francesco al fine di ottenere l'accertamento,
 in  proprio favore, della proprieta' esclusiva degli immobili siti in
 agro di Luras (Sassari), come indicati nell'atto di citazione.
   Si costituiva in giudizio nei termini di legge il  convenuto  Serra
 Pasquale  il quale, oltre a chiedere il rigetto delle avverse pretese
 e l'accoglimento della  domanda  riconvenzionale  di  accertamento  a
 proprio  favore  di  intervenuta  usucapione  dei  medesimi  terreni,
 dichiarava di voler chiamare in causa, ai sensi degli artt. 106 e 269
 c.p.c., Tamponi Tonino, Tamponi Serafina, e Tamponi Antonietta, quali
 cointestatari  dei  medesimi  terreni;  a  tal   fine   chiedeva   lo
 spostamento  dell'udienza  fissata,  onde consentire la citazione dei
 terzi nel rispetto dei termini di cui all'art. 163-bis c.p.c..
   Il pretore, in ottemperanza al disposto  dell'art.  269,  comma  2,
 c.p.c. provvedeva con decreto a fissare la data della nuova udienza.
   All'udienza  di  prima  comparizione,  la  difesa  di parte attrice
 eccepiva l'intervenuta decadenza in ordine alla richiesta chiamata in
 causa, atteso che parte convenuta non aveva provveduto alla  corretta
 citazione  dei  terzi  indicati.  Diversamente,  la  difesa del Serra
 chiedeva termine  al  fine  di  provvedere  alla  rinnovazione  della
 citazione.  Quindi il giudice si riservava sulla questione, rilevando
 in particolare che la citazione dei terzi, peraltro non costituitisi,
 era avvenuta senza il rispetto dei termini di  cui  all'art.  163-bis
 c.p.c.
                          Ritenuto in diritto
   L'art.  269  c.p.c.,  cosi'  come sostituito dall'art. 29, legge n.
 353/1990 ed in vigore dal 30 aprile 1995, stabilisce che il convenuto
 che intenda chiamare un terzo in causa deve,  a  pena  di  decadenza,
 farne  dichiarazione  nella  comparsa  di  risposta e contestualmente
 chiedere al giudice lo spostamento della prima udienza allo scopo  di
 consentire  la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell'art.
 163-bis c.p.c.; quindi, successivamente al  conseguente  decreto  del
 giudice, la citazione e' notificata al terzo a cura del convenuto.
   La norma richiamata nulla dispone in ordine al mancato rispetto del
 termine  per  la  citazione  del  terzo  (come  avvenuto  nel caso di
 specie), cosicche' in tale ipotesi potrebbe ritenersi applicabile  la
 disciplina  dell'art.  164  c.p.c.,  in  base  alla quale, in caso di
 mancata  costituzione  del convenuto, andra' disposta la rinnovazione
 della citazione.
   Diversamente, il comma terzo del nuovo art. 269  cit.  prevede  che
 l'attore deve, laddove abbia interesse a chiamare in causa un terzo a
 seguito  delle  difese  svolte  dal  convenuto,  a  pena di decadenza
 chiederne l'autorizzazione al giudice; nell'ipotesi in cui il giudice
 autorizzi la chiamata, fissando anche in tal caso  la  nuova  udienza
 allo  scopo  di  consentire  la  citazione del terzo nel rispetto dei
 termini dell'art. 163-bis cit., la citazione e' notificata al terzo a
 cura dell'attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice.
   Quindi, diversamente dall'ipotesi di cui al comma 2  dell'art.  269
 c.p.c.,  in  questo  caso  il termine viene espressamente qualificato
 perentorio, con la conseguenza della immediata decadenza nell'ipotesi
 di mancato rispetto.
   Pertanto, appare evidente come la norma di cui  al  secondo  comma,
 applicata  al  caso  di  specie,  non preveda, a differenza di quanto
 stabilito dal comma 3 per la  chiamata  su  istanza  dell'attore,  un
 termine  perentorio  entro  il  quale il convenuto deve notificare la
 citazione al terzo; tale disciplina pare dare luogo ad una disparita'
 di trattamento fra le due ipotesi, e quindi fra  le  parti  attore  e
 convenuto,  del  tutto ingiustificata, tale da sfociare, ad avviso di
 questo  giudice,  nella  violazione  degli  artt.  3   e   24   della
 Costituzione.
   La  disparita' di trattamento processuale che si profila, rilevante
 sotto  il  profilo  delle  norme  costituzionali  richiamate  e  gia'
 rilevata da autorevole dottrina, pare contrastare con i principi gia'
 indicati  dalla  Corte  costituzionale  nella  sentenza  n.  80/1997,
 laddove si e' ritenuto necessario,  nell'ambito  di  un  giudizio  di
 legittimita'  costituzionale  promosso sempre in ordine alla norma di
 cui all'art.  269, comma 2, c.p.c.,  "verificare  che  sia  garantita
 alle parti un'identita' di trattamento".
   Inoltre,  la  disparita'  di trattamento derivante dalla diversita'
 della  disciplina  si  scontra  con  i  principi   desumibili   dalla
 disciplina  previgente,  in  quanto il disposto dell'art. 269 c.p.c.,
 anteriormente  alla  novella  del  1990,  prevedeva  un'identita'  di
 trattamento  in  materia  fra parte attrice e parte convenuta. A tale
 proposito, va  evidenziato  che  il  testo  della  norma  in  oggetto
 originariamente  approvato  dal  Senato  prevedeva  la notifica della
 citazione al terzo nel termine perentorio di quindici giorni sia  per
 il convenuto che per l'attore.
   La   rilevanza   della   questione,   e  quindi  la  disparita'  di
 trattamento, non pare potersi superare  interpretando  estensivamente
 la  perentorieta'  del  termine  anche  nell'ipotesi di citazione del
 terzo a cura del convenuto, in quanto e' noto che i termini a pena di
 decadenza sono espressamente fissati solo dalla legge o  dal  giudice
 che sia autorizzato a fissarli (cfr. arg. ex art. 152 c.p.c.).
   Ne  consegue  la  rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  269,  comma  2,
 c.p.c.,  nella  parte  in cui, non prevedendo, a differenza di quanto
 stabilito dal comma terzo per la chiamata su istanza dell'attore,  un
 termine  perentorio  entro  il  quale il convenuto deve notificare la
 citazione  al  terzo,  dispone  una  ingiustificata   disparita'   di
 trattamento   processuale  fra  attore  e  convenuto  in  materia  di
 citazione del terzo.